Dracula e Madame Bathory: vampiri oppure crudele dominatore e sanguinaria serial killer?

La Contessa Bathory
Oggi desidero dedicare un post a due figure leggendarie che hanno ispirato storie e film, contribuendo non poco a creare curiosità e miti attorno alle creature "sanguinarie": il Conte Vlad III di Valacchia (che ha ispirato il libro "Dracula" di Bram Stoker e molte delle storie sui vampiri) e la Contessa Elizabeth Bathory (detta anche la Contessa Sanguinaria, il più efferato serial killer donna della storia: in un suo ritrovato diario si racconta che le vittime sarebbero state più o meno 650, ma gli storici tengono buona la cifra che oscilla tra le 100 e le 300).

Su entrambi esistono fior fiore di libri e ricerche... oltre ovviamente a romanzi e film.

Innanzitutto queste due figure incarnano l'inizio dell'immaginario vampiresco rispettivamente al maschile e al femminile di quasi tutti gli amanti del genere.
E non va dimenticato che vissero a pochi decenni l'uno dall'altra...


IL CONTE VLAD III

Il Conte Vlad III
Il mito del conte Vlad ha origine molto antica e risale al quindicesimo secolo. Era il periodo di Enrico VI d'Inghilterra e della guerra delle Tre Rose, del Re rumeno Materi Corvin a capo dell'Ungheria e dei diversi troni in Valacchia (altra provincia rumena) di Vlad III (la storia racconta che ha regnato in tre periodi: nel 1448, dal 1456 al 1462 e infine nel 1476).
Vlad III nasce a Sighisoara nel 1431. Suo padre, Vlad II Dracul, sovrano della Valacchia, faceva parte dell'Ordine del Dragone (proprio nel 1431 fu insignito di questa alta carica, la più grande onorificenza del Sacro Romano Impero che veniva data a chi si era distinto nella guerra contro i turchi) fondato da Sigismondo di Lussemburgo al fine di combattere e contrastare il popolo turco. Il simbolo del Dragone che lo accompagnava era nuovo per la sua gente che gli diede l'appellativo di "Vlad con il Diavolo" e successivamente "Vlad il Diavolo" (= Vlad Dracul, appunto). Nella lingua rumena le parole "dragone" e "diavolo" ("drac") sono molto simili. Così, Vlad III fu soprannominato "Draculea" (trasformato poi in "Dracula") il cui significato è "figlio del Diavolo".
Uno tra gli avvenimenti fondamentali per la formazione di Vlad III fu l'alleanza siglata dal padre con il sultano Murad, a cui offrì la possibilità di saccheggiare le terre circostanti intorno alla sua patria, in cambio di appoggio militare. In questo modo i turchi ebbero facile accesso nell'Europa orientale, penetrando in Transilvania senza incontrare ostacoli, anzi furono notevolmente favoriti della collaborazione di Vlad II, che praticamente ideò gli itinerari attraverso i quali giungere nei punti nevralgici del paese. Certamente l'alleanza si rivelò molto utile per l'intraprendente voivoda (è un termine slavo usato sin dall'età medievale che designa in origine il comandante di un'unità militare, il titolo veniva attribuito ai governatori o capi di territori) che ebbe ben presto pieno potere sulla Valacchia e sulla Transilvania (territorio che si trova al centro della Romania, di fatto il più esteso territorio di questo Paese, circondato da tre parti dalle montagne dei Carpazi, conosciuto come una terra ricca di nebbia e di misteri). Il variare delle sorti turche nelle zone conquistate determinò anche un cambiamento dei rapporti tra Murad e il padre di Vlad III, che fu invitato alla corte del sultano per chiarire alcuni aspetti che parevano aver incrinato la collaborazione. Vlad II partì quindi con due dei suoi tre figli, Vlad III e il minore Radu, e una volta giunti in terra turca furono rinchiusi tutti e tre nella rocca di Gallipoli, sui Dardanelli. Quando Murad disse di sentirsi tradito, Vlad si dimostrò sorpreso e a conferma della propria buona fede fece notare che mai avrebbe portato con sé i due figli se non avesse avuto la coscienza pulita. Sta di fatto che Vlad III e Radu restarono ostaggi del sultano, mentre Vlad II ritornò in patria.
Vlad II Dracul fu ucciso nel 1447 per ordine di Iancu di Hunedoara, sovrano della Transilvania, proprio mentre Vlad III e il fratello Radu erano prigionieri del sultano turco (la loro prigionia durò dal 1442 fino al 1448 e segnò profondamente l'animo di Vlad III). Iancu impose alla Valacchia un altro sovrano, Vladislav II.
Nel 1448 Vlad III ritorna in patria e si riprende il trono che fu di suo padre, ma solo per un breve periodo (due mesi circa) poiché Vladislav II riconquistò il potere con una feroce battaglia.
Fu questo un tempo non fortunato per il giovane Conte. A seguito della perdita del regno trascorse un lungo periodo in esilio che durò fino al 1456. In questi anni vagò tra la Moldavia e la Transilvania. All'esilio si sommarono la morte del padre e del fratello maggiore Mircea (che venne bruciato vivo), tutti fatti che influenzarono di molto il carattere di Vlad III.
La storia racconta che «il periodo di regno più lungo di Draculea va dal 1456 al 1462. A capitale del suo regno fu eletta Tirgoviste dove nei pressi del fiume Arges fu eretta la sua dimora: il castello di Poienari (a debita distanza dalle montagne). La sua prima moglie si suicidò lasciandosi cadere dalla torre del castello fra le acque del fiume prima di arrendersi ai turchi. Successivamente Draculea fu arrestato e imprigionato in una torre reale a Buda (un'antica città sita su una collina posta sulla riva di destra del Danubio, e che fu unita nel 1873 con le città di Óbuda e Pest a costituire l'odierna capitale ungherese Budapest), dove rimase prigioniero per dodici anni. Durante la prigionia Draculea abiuro' il suo credo Ortodosso per abbracciare quello Cattolico. La narrativa russa ci testimonia come, nonostante la prigionia, egli non potè in alcun modo rinunciare ai suoi passatempi preferiti: catturava spesso uccelli per torturarli e mutilarli, altri li decapitava o li impalava in spiedini.»
Infatti Vlad fra tante mostruosità, preferiva proprio il supplizio del «palo», da cui l’appellativo di «Tepes», cioè «impalatore».
Draculea non si fece mancare nemmeno i passatempi di letto. Si sposò infatti con una esponente della famiglia regale ungherese (che pare avesse solo 16 anni e che fu comprata con cento sacchetti d'oro) ed ebbe due figli che raggiunsero l'età di dieci anni quando Vlad III riconquistò la Valacchia, nel 1476.
Nel 1456, a quanto si dice con l'aiuto della Transilvania, Vlad III l'Impalatore tornò appunto sul trono della Valacchia. L'idea su cui si basava la sua politica può essere ritrovata in una lettera scritta ai mercanti della città di Brasov: "Quando un uomo o un principe ha il potere ed è rispettato (nel suo Paese), può portare pace ovunque lui voglia. Ma se non ha potere, un potere più forte lo sovrasterà e farà di lui ciò che ne vorrà".
Uno dei suoi soprannomi, il più terribile, "l'Impalatore", gli venne attribuito proprio perché lui per imporre e far rispettare come valori supremi l'onestà e la giustizia usò come punizione l'impalazione (da qui il mito del "paletto"). Non impalò solamente ladri ma anche gli infedeli, i disonesti boieri e non ultimi, i turchi.
Si dice che portò le torture quasi a raffinatezze artistiche.
Il Medioevo in quell'area era comunque un periodo storico caratterizzato da crudeltà e torture. Le punizioni erano spesso corporali, e raggiungevano anche l'amputazione di mani o piedi. Altre erano addirittura peggiori e preferisco non entrare nei particolari.
Ma il fatto è che se Vlad III avesse applicato le sue punizioni solo ai turchi, oppure ai pagani, forse non sarebbe stato considerato cosi inusuale. Il fatto però che usasse impalare anche cristiani fu un vero shock per quei tempi.
C'è un giorno che nelle leggende che hanno seguito la storia del conte Vlad è particolarmente famoso. Era il primo giorno di Pasqua del 1459 e Vlad III vendicò la morte del padre e del fratello impalando alcuni boieri e costringendo il resto di loro a costruire il palazzo fortificato di Poienari.
Un'altra storia leggendaria racconta come Vlad fece scomparire ladri e mendicanti dalla sua terra: i mendicanti furono chiamati ad una festa nella città di Targoviste (a quei tempi la capitale della Valacchia) e fu domandato loro se volessero essere sollevati dalla loro condizione. La risposta fu ovviamente affermativa. Vlad li fece bruciare tutti, così che nessuno di loro avesse più a soffrire. Da allora, viste le premesse, i ladri non erano più così comuni in Valacchia. E a quel tempo esisteva un detto: che se una coppa d'oro veniva lasciata nei pressi di una fontana nessuno avrebbe mai osato prenderla.
La battaglia contro i turchi iniziò nel 1459 quando Vlad rifiutò di pagare una richiesta di tributo. Di più: l'impalatore fece fissare con un chiodo il turbante degli ambasciatori turchi sulle loro teste in quanto non volevano scoprirsi il capo così come vietato dalla loro religione. Nell'inverno del 1461-1462 organizzò una campagna a sorpresa a sud del Danubio, durante la quale oltre 20.000 turchi furono uccisi, impalati e impiccati, componendo una terrificante immagine di foresta di corpi umani senza vita.
Ci sono diverse informazioni riguardo al suo modo di gestire le torture. Preferiva fare le cose con calma, sovente impalava la vittima di persona, di solito in modo lento, interrompendo di tanto in tanto il supplizio, per poterlo poi proseguire in visite seguenti. Ma amava anche le "impalature spettacolari".
Il declino di Vlad fu dovuto ad una falsa lettera, scritta molto probabilmente dai mercanti sassoni, che voleva dare prova del legame tra l'Impalatore e i turchi. Così, Vlad fu accusato di tradimento e arrestato dietro ordine di Materi Corvin (tradotto in italiano, Matteo Corvino), re d'Ungheria.
Iniziò quindi in questo modo la sua diffamazione. Tra il 1462 e il 1474 Vlad l'Impalatore fu imprigionato a Visegrad e Pesta. Le "storie tedesche" scritte da Materi Corvin e dai mercanti sassoni creeranno davvero un'immagine sanguinaria e crudele di Vlad in tutta l'Europa dell'Ovest (e non solo).
Nel 1475, dopo l'intervento del Principe della Moldavia Stefano il Grande, Vlad III fu liberato e ritornò sul trono della Valacchia. Non passò nemmeno un mese che fu ucciso (era dicembre) per mano di una cospirazione dei boieri.
Vlad III fu seppellito nel monastero di Snagov (soltanto il corpo decapitato, mentre la testa fu presa dai turchi e portata a Costantinopoli), ma ricerche archeologiche del 1930 scoprirono che in quella tomba c'erano solo ossa di cavallo.
Il grande mistero quindi è: dove si trova veramente il corpo di Vlad III?
Anche questo fatto ha contribuito di molto a far crescere la convinzione che Vlad fosse un vampiro sanguinario e che sia uscito sulle proprie gambe dalla propria cripta per vagare sulla terra alla continua ricerca di un collo da mordere e di una vena pulsante da succhiare.

Ad ogni modo con questa sepoltura è finita la vicenda terrena del conte Vlad l’Impalatore, ed è cominciata la leggenda del conte Dracula, il Vampiro.

Ancora leggende, quelle che raccontano che il castello del conte Vlad fosse infestato dai pipistrelli. La tradizione rumena parla infatti di moltissimi pipistrelli, probabilmente idrofobi, che volavano dal castello, attaccando e mordendo chiunque si avvicinasse. La fantasia popolare non si è lasciata scappare questa informazione, ed è quindi stato ancora più facile far associare un così malefico signore alle caratteristiche dei ripugnanti volatili a forma di topo.
Sanguinario e impalatore, attorniato da uccelli vampiri: ecco la nascita di Dracula, mito di tanti romanzi, film e fumetti.

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LA CONTESSA BATHORY
Erzsébet (Elizabeth) Bathory nacque nel 1560 a Nyírbátor, un villaggio nel nord-est dell'attuale Ungheria, ma venne allevata nella proprietà di famiglia di Ecsed in Transilvania (Romania). Fin da bambina, ella dava segni di squilibrio passando repentinamente dalla quiete alla collera.
Sofferente di epilessia, malattia ereditaria nella sua nobile casata, all’improvviso balzava in piedi, si dimenava, imprecava, gridava di avvertire forti dolori alla testa. Le serve, allora, assistevano l’inquieta e collerica padrona con erbe, droghe e pozioni magiche.
Erzsébet Báthory era viziosa e superba, nata da generazioni di consanguinei unitisi in matrimonio per ottemperare a convenzioni aristocratiche.
All'età di 13 anni, incontrò un suo cugino, il principe di Transilvania, il quale, sotto i suoi occhi, fece tagliare naso e orecchie a 54 persone sospettate di aver fomentato una ribellione dei contadini.
L'8 maggio 1575 sposò, appena quindicenne, il promesso Ferenc Nádasdy a Vranov nad Topľou (Varanno), presso Prešov, nell'attuale Slovacchia nord-orientale. Il marito, persona crudele e spietata, amava torturare i servi, senza però ucciderli. Essendo Nádasdy quasi sempre lontano da casa per combattere i turchi, la responsabilità del castello di Sárvár era affidata ad Erzsébet. Nei primi dieci anni di matrimonio non ebbero figli, ma nei nove anni seguenti Erzsébet partorì tre figlie e un figlio. Fu una madre molto protettiva.
Per passare il tempo quando il marito era lontano da casa, Erzsébet cominciò a far visite alla contessa Karla, una perversa zia da lei molto amata, ed a partecipare alle orge da questa organizzate. Conobbe nello stesso periodo Dorothea Szentes, un'esperta di magia nera che incoraggiò le sue tendenze sadiche. Dorothea conosciuta come Dorkò e il suo servo Thorko insegnarono a Erzsébet la stregoneria. Erzsébet riteneva un affronto intollerabile la fuga di una serva e la punizione era quasi sempre la morte. Pare che una sera, una ragazza di 12 anni, Dora, riuscì a fuggire dal castello con indosso solo una lunga camicia bianca. Venne presa poco dopo e condotta dalla contessa, la quale la costrinse ad entrare in una gabbia cilindrica troppo stretta per sedersi e troppo bassa per stare in piedi. La gabbia venne quindi sollevata da terra tramite delle carrucole e spinta contro dei paletti appuntiti. Il nano al servizio di Erzsébet, Fizcko (un essere deforme e infido), manovrò le corde in modo che la gabbia oscillasse: in questo modo, il corpo venne fatto a pezzi. In un'altra occasione, in pieno inverno, fece condurre nel cortile, sotto la sua finestra, delle ragazze denudate. Ordinò quindi di versare acqua su di loro. Le ragazze morirono per assideramento.
Suo marito non era da meno: una volta ai due sposi venne il sospetto che una serva si fosse finta malata, le fecero così infilare tra le dita dei pezzi di carta impregnati d'olio a cui fu poi dato fuoco; dopo questo fatto ben pochi osarono dichiararsi ammalati.
I segni della sua pazzia si palesavano sulle sue serve, punite sempre più duramente per i loro errori, veri o presunti.
Si stima che abbia cominciato ad uccidere nel periodo tra il 1585 ed il 1610. Il marito ed i parenti sapevano delle sue inclinazioni sadiche, ma non intervennero.
Procurare dolore divenne il suo passatempo preferito. Di frequente faceva svestire le ragazze davanti ai servi per il puro piacere di umiliarle. Molte volte le violenze sfociavano nell’omicidio.
Tra le numerose dicerie che si sono aggiunte alla macabra lista c'è quella che racconta di come la carne di alcune ragazze uccise fu servita più di una volta agli ignari soldati tornati dalla guerra al seguito del Conte.
Scegliendo tra le anime più maligne, Erzsébet mise insieme una corte formata da individui uniti dallo stesso comune interesse: la tortura.
Aiutata proprio dal nano Ficzkó, Erzsébet iniziò poi a punire con torture inenarrabili le sventurate vittime che facevano parte della sua servitù. Alle ragazze venivano imposte torture abiette. Alcune venivano cosparse di miele e legate agli alberi della foresta, dove venivano sbranate dagli animali selvatici, altre, le più sfortunate, venivano mutilate nel corpo, con particolare predilezione per gli organi genitali. Le leggende raccontano che spesso venivano loro strappate le labbra della vagina, o bruciato il pube con tizzoni ardenti.
Le damigelle della contessa svanivano quindi nel nulla, e ben presto si dovette ricorrere alla loro sostituzione con ragazze dei villaggi vicini. Villaggi molto poveri, dai quali le fanciulle erano ben felici di scappare, attirate dalla possibilità di una vita meno miserabile, nonostante la sinistra fama che iniziava a circondare la contessa.
In seguito Erzsébet cominciò a torturare e ad uccidere anche le figlie della piccola nobiltà. Infatti, nel 1609 la Contessa istituì, nel suo castello, un'accademia che aveva come fine (ma solo formale) l'educazione di ragazze provenienti da famiglie agiate. Le sue vittime venivano spogliate, incatenate a capo in giù, quindi seviziate. Le loro gole venivano recise ed il sangue scorreva lungo i corpi, pronto per essere raccolto e usato da Erzsébet. Si narra che la Contessa abbia fatto costruire da un orologiaio svizzero un marchingegno chiamato "Vergine di Ferro" (simile alla futura Vergine di Norimberga), la quale aveva la forma di una donna dai lunghissimi capelli biondo argenteo (probabilmente appartenuta a qualche fanciulla uccisa da lei stessa) che arrivavano fino quasi ai piedi. Ogni qualvolta una ragazza le si avvicinava, la Vergine di Ferro alzava le braccia e stringendola con una morsa mortale la uccideva, trapassandola con dei coltellacci acuminati fuoriusciti dal petto.

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La contessa Bathory era una bella donna, ma gli uomini che le giravano attorno erano più che altro attratti dalla sua ricchezza e dalla possibilità di arrivare al trono sposandola. Ossessionata quindi dalla propria immagine nello specchio e atterrita all’idea di veder sfiorire il suo fascino, la Contessa trovò il suo personale modo di fermare il tempo. Dopo aver provato e scartato unguenti e cosmetici a base di erbe, ideò una terapia che avrebbe avuto il duplice scopo di placare le sue fobie e soddisfare la sua indole crudele. Nessuno sa con esattezza quando e come escogitò la cura per assicurarsi l’eterna giovinezza. Si dice che, un giorno, mentre stava picchiando selvaggiamente una serva, una goccia di sangue della malcapitata le cadde sulla mano. Forse fu un gioco di luci o soltanto uno stato mentale alterato a farle credere che, nel punto bagnato dal sangue, la pelle fosse più liscia e quindi più giovane.
Decise che un'immersione completa nel sangue di giovani ragazzine poteva darle ciò che desiderava. Il castello di Csejthe divenne un’immensa camera delle torture. Il sangue delle povere vittime veniva raccolto in una vasca nella quale Erzsébet si immergeva ogni giorno per tentare di fermare il tempo che inesorabile iniziava a mostrare i suoi effetti sul suo splendido corpo. La pazzia di Elisabeth crebbe fino al punto in cui cominciò a bere direttamente il sangue, facendo nascere la leggenda secondo la quale, oltre a essere una strega maledetta e segnata dal male e dalla follia, fosse anche una vampira.

Quando le denunce per le sparizioni delle signorine aristocratiche arrivarono alla Chiesa cattolica, l'imperatore di Ungheria Mattia II intervenne ordinando un'indagine sulla nobildonna. Gli inviati dell'imperatore entrarono di nascosto nel castello e colsero sul fatto la Bathory mentre torturava alcune ragazze; trovarono anche in molte stanze e nelle prigioni diversi cadaveri straziati e donne ancora vive con parti del corpo amputate.

Il processo a Erzsébet Bathory si svolse il 2 gennaio 1611 in una Ungheria carica di tensione. La Contessa si rifiutò di dichiararsi colpevole o innocente e non si presentò mai al processo (alcune fonti sostengono che le venne impedito di farlo).
Dopo quattro giorni il processo era già finito. La sentenza fu la condanna al rogo delle megere che avevano aiutato la Contessa e la decapitazione del nano torturatore.
Erzsébet Bathory non fu mai condannata per gli omicidi, ma fu eseguito l'ordine per cui le porte e le finestre della sua camera da letto fossero murate con lei dentro, lasciando solo un piccolo spazio dal quale far passare il cibo.
Finì suicida circa quattro anni più tardi, lasciandosi morire di fame in quella stessa stanza ormai divenuta cella.

E' fin troppo facile notare come tutta la storia della Contessa sia intrisa dei classici stereotipi dell’horror gotico: antiche famiglie nobili dell'Europa dell'Est, culti malefici, giovani donne seviziate e uccise, giochi erotici perversi e incestuosi. Si potrebbe dire che questa abbia tutta l'aria di essere una ricca trama per un succulento romanzo fantasy dell’800... se le fonti storiche non affermassero l'assoluto contrario. La Contessa Bathory è esistita davvero, e i suoi omicidi efferati anche.

Eppure molti miti sono sorti attorno alla sua figura. Si dice che ancora oggi ci siano persone che sostengono di aver visto il fantasma della Contessa Sanguinaria nella sua dimora nei Carpazi, mentre vagava di notte... alla ricerca di sangue.


Leggenda o verità?
:-)


Jo


NOTA:
In alcuni scritti Erzsébet è stata considerata discendente di Vlad III Draculea. Tale teoria è stata alimentata negli anni solo da storie e leggende popolari ma pare essere errata. Vlad III Draculea fu infatti un sovrano di etnia romena vissuto nel XV secolo. Erzsébet fu una contessa di etnia magiara del XVI secolo e nel suo albero genealogico non sembrano essere presenti antenati romeni.


Fonti: ciaoromania.com, mitiemisteri.it, latelanera.com, vampiri.net, Wikipedia

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